mercoledì 10 giugno 2009

COME SI RAPPORTANO GLI ALTRI PAESI A QUESTO TIPO DI PROBLEMA???

CIAO A TUTTI...
Questo vuole essere una sorta di gemellaggio con gli altri paesi per constatare come viene affrontato e riconosciuto questa malattia....
. In molte culture non occidentali vengono attribuiti a un corpo abbondante attributi positivi come salute, prestigio sociale, potenza economica e attrattività sessuale, mentre alla magrezza viene conferito un connotato di negatività. L’assenza di un’ideale di magrezza risulta protettivo per questi gruppi culturali rispetto all’insorgenza di insoddisfazione dell’immagine corporea e conseguenti disturbi dell’alimentazione. L’anoressia nervosa, in particolare, ricorre meno frequentemente nei paesi non occidentali e che hanno meno contatti con la nostra cultura, e gli emigranti hanno maggiori probabilità di sviluppare il disturbo quando si trasferiscono in un paese industrializzato confrontati con coloro che restano nella comunità di origine.

Ex Unione Sovietica.BILUKHA AND UTERMOLEN(2002) hanno notato che l’accresciuto accesso a fonti mediatiche americane, che promuovono la magrezza attraverso diete ed esercizi è duplicato, con un aumento dell’insoddisfazione per l’immagine corporea, in paesi dell’ex Unione sovietica come l’Ucraina.

Becker (2004) ha dimostrato che l’introduzione della televisione alle isole Fiji nel 1995 è correlata con l’aumento dei punteggi ai test che indicano la predisposizione a sviluppare disturbi alimentari. Nel 1998 il 74% delle ragazze riportava la convinzione di essere “troppo grassa” almeno “qualche volta”. Quelle che guardavano la tv almeno 3 sere a settimana avevano il 50% in più di probabilità di concepirsi come troppo grasse e il 30% di probabilità in più di essere a dieta, sebbene non fossero più soprappeso delle altre.

I disordini alimentari ad Hong Kong, Taiwan e Cina erano ritenuti rari o non esistenti. Ma una ricerca di Luo, Parish & Laumann (2005) ha scoperto che da quando la Cina è diventata più aperta all’occidente, anche in Cina si stanno diffondendo ideali di magrezza con conseguenze negative per le donne.

Swami and Tovee (2005) hanno comparato le preferenze di immagine corporea in gruppi di donne che vivevano in Malesia e Gran Bretagna. Cinque sottogruppi riflettevano un gradiente di sviluppo socioeconomico: dai paesi industrializzati (Inghilterra e Kuala Lumpur), a semi-industrializzati (Kota Kinabalu) a rurali (i villaggi di Kota Kinabalu). I ricercatori hanno rilevato come nei gruppi industrializzati, e quindi maggiormente esposti ai valori occidentali, esisteva un tasso maggiore di disordini alimentari rispetto agli abitanti delle zone rurali, benchè ne condividessero la cultura tradizionale.

In Medio Oriente uno studio cross-culturale condotto in Israele su gruppi di subcultura ebraica e araba ha evidenziato che la maggiorparte dei gruppi di adolescenti mostrano un’ attitudine all’insoddisfazione per la propria immagine corporea comparabile a quella riscontrabili negli Stati Uniti. (Safir, Flaisher-Kellner & Rosenmann, 2005).

Katzman et al. (2004) notarono che nell’Isola caraibica di Curacao i disordini dell’alimentazione erano individuabili solo nella minoranza bianca. Nessuna evidenza di patologia alimentare fu riscontrata nella maggioranza nera dell’isola. I bianchi di Curacao tipicamente aderiscono a standard di bellezza occidentali, contrariamente ai neri che preferiscono una dimensione del corpo più “ampia”.

In nazioni africane come l’Uganda e la Nigeria, dove le donne in carne e pesanti sono giudicate ideali, le donne hanno meno probabilità di sviluppare un disturbo alimentare. (Balogun, Okonofua & Balogun, 1992 ). Al contrario in Sud Africa i disturbi dell’immagine corporea e alimentari non sono dominio esclusivo delle sudafricane caucasiche, ma sono comuni anche fra le adolescenti nere (Le Grange et al. 1998).

In Giappone tradizionalmente gli standard di bellezza promuovono una figura più magra e più piccola di quanto accada nelle culture accidentali. Pike & Borovoy (2005) sebbene sottolineino i limiti del modello di “occidentalizzazione” come spiegazione dell’incremento dei disturbi alimentari in Giappone, concordano nel ritenere che l’atteggiamento culturale nei confronti del peso e dell’aspetto siano alla base della diffusione del fenomeno, benchè siano ravvisabili altre motivazioni specificatamente relative alla società giapponese.

Insomma esistono sufficienti evidenze, al di là di aprioristiche e bigotte campagne di moralizzazione, per ritenere che un cambio di rotta culturale possa aiutare concretamente a ridimensionare questo allarmante fenomeno.

TO BE CONTINUED

KISS KISS

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